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ontology, ontologia

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gpdimonderose
icon11  view post Posted on 23/3/2013, 13:57 by: gpdimonderose




:wub: ......Topologia ESSERE topologia di Heidegger,EVENTO
Nient’altro che l’essere L’è L’ESSERE L’ontologia ZERO DELLA METAFISICA oltre l’è s’è l’essere
L’è
dell’essere S’è L’è là dell’essere L’È
L’evento Oltre s’È già «L’è»là l’è s’è
Già in sé L’è L’è EVENTO«C’è
L’è» ontologia dell’essere L’è
ontologia in sé
là L’è evento dell’“ontoteologia là già giacché physis È al di là è già L’ è eventontoteologia” è l’ontologia L’EVeNtO dà L’al di là
l’è«ontoteologia della metafisica» L'è É L'essere ontologia dell'essere nulla ontologia
Al di là Topologia ontologia essere al di là dell'essenza al di là schema L'è L'essere L'È L’è
L’ontoteologia Qual è L’ontoteologica della metafisicaDestino dell’Occidente L’è L’ESSEREdell’essere L’al di là in sé dall’essere dall’essere all’essere che è dell’essere È là L’essere è l’essere è l’essere s’è l’essere«dell’essere» –L'È in sé
dell’essere è s’è È l’È dell’essere là«essere» l’«essere» l’è L’eventoOntologia
ONTOLOGIA
S’è
l’ontologia è l’eventO ‘Ontologia
S’É” ontologia è l’è ontologia null’altro“ontologia”S’É null’altro l’è l’ontologia onto-logica l’ontologia è l’ontologia“ontologia”si sottrae
Ontologia S’É ontologia crea S’É crea«L'É»EVENTO L’è ontologiaEVENTO É EVEnto crea creature dalle creature crea S'è l’è
Ontologia S’É Ontologia l’É
crea
creato e creatore S’É crea la creatura e il creatore “ontologia-del-creatore là dell’essere Là«in
sé» L’è
dell’essere l’è dell’essere c’è s’è dell’essere
«L’essere»S’È ontologia
S’È È è la fine della metafisica post-metafisica oltre è evento vi è spaziotempo S’È spaziotempo di sé- la scienza non pensa -crea l’è È evento l’è in sé
L’È S’È È L’è già L’«è»l’‘ontologia’ ”ultimo dio”rifiuto heideggeriano dell’ontoteologiasupera la metafisica critica della metafisicaDasein l'Essere è L'è quale DaseinEssere è EssereDasein Essere la distruzione della metafisica Essere l'è Essere è evento Essere crea Essere storia dell'essere critica della metafisica è storia dell'essere che è l'Essere la storia di essere dell'essere crea l'evento al di là s'è: la metafisica è ontoteologia. Ontoteologia è la metafisica Essere la metafisica ontoteologica Costituzione ontoteologica della metafisica onto-teo-logica creata ontoteologiaMetafisica è Metafisica l'è già metafisica è metafisica. L'è crea ontologia crea superamento della metafisica «L'è L'Essere Ontologia L'è crea è di là crea creature l'Essere si crea È crea è l'Essere dell'essere Essere ontologia crea crea ontologia crea creaEssere ontologia Essere crea ontologia ontologia crea le creatureEreignis-ontologica l'è dà si dà nihil si dà Ontologia dell'Essere/crisi della metafisica L’è aldilà in sé L’EVENtoltre l’abisso EVento dà è di per sé l’è
L’’è il topos della nostra interpretazione, di fronte a quella stessa domanda, alwaysrisks ritorno ad una meta-topo-logica dell'essenza del luogo, oppure collassando in filologia-in biografia, cronologia, dossografia-un duplice pericolo apparentemente scongiurato solo da una fede ben intenzionato a nostro ownhermeneutical apertura al significato della text.Criticism di Heidegger e la sola borsa di studio non può chiedere dove il pensiero di Heidegger è da ricercarsi, da dove proviene andwhere va-restano chiuse, in altre parole , dalla sua topologia. Per il topos di un modo di pensare isdecided non nei suoi termini, ma solo in relazione a un altro modo, ad uno che avrebbe seguito, anche se per farlo isneither di assimilare il suo contenuto, né di praticare il suo metodo. Per seguire una strada è piuttosto quello di incontrarlo nel proprio ownway. Ma questo significa che uno che avrebbe seguito la via di un altro dovrebbe avere un qualche senso di cui è thatsuch un incontro potrebbe avvenire. E se l'interpretazione filosofica non è semplicemente che accada, ma anche al senso havesome della propria situazione, della sua apertura ad un possibile incontro con Heidegger, allora è necessario un altro relationto e l'esperienza di linguaggio, un rapporto diverso fiducia nella fondatezza o efficacia ofpropositions.The segue è l'esposizione di una serie di proposizioni. Tale differenza, tra proposizione e di esposizione, tra il dire indietro e ripensando-una differenza che si apre la possibilità per il metafisico e
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SEAN RYANtechnical postulando dell'essere-è di per sé, a mio avviso, la topologia dell'essere. Le proposizioni che sono qui proposedmay essere intesi come presentare topologia di Heidegger. Eppure non una delle proposizioni è da ricercarsi opere di inHeidegger, né è la loro interpretazione giustificata con riferimento alla o citazioni dai suoi scritti, e Sothe tutto, dal punto di vista della correttezza scientifica, può avere solo l'aspetto di una stringa di groundlessassertions . ◊ PROPOSIZIONE 1. Topologia è il Logos di TOPOSTopology è un modo di dire e di pensare del luogo di essere. Ma non è una ontologia di luogo, un discorso sulla thebeing del luogo. Topologia non è la messa a terra di un concetto o di una esperienza di luogo in una serie di dichiarazioni di giustificazione explanatoryand. Al contrario, si tratta di lingua per lingua intendo l'interrelazione di sayingand pensiero-che apre un primo posto. Il dire e pensare di essere è il caso di posto di concessione parola tothe in corsivo suo character.We correttamente enigmatico bisogno un giorno per ascoltare la critica heideggeriana della logica e lasciare andare la metafisica comprensione oflanguage come logos, come la dichiarazione che i terreni e dà misura, come l'espressione e la comunicazione ofthought-una comprensione che continua comunque a determinare lo stile di affermazioni filosofiche, comprese quelle che pretendono di concorrere con la critica heideggeriana della logica. E abbiamo bisogno più che mai di essere alertto la domanda strettamente cibernetico che prevede la fornitura di informazioni tecnico-scientifiche, per il ricorso modalità toa di linguaggio il cui scopo è quello di controllare il campo di indagine, per prevenire interrogatorio con il ofan risposta fornitura, per installare le sue verità per il massimo effetto. Né è semplicemente o principalmente un possibile modo di scrivere andthinking circa posto. Ciascuno è niente di meno che l'apertura di un luogo dentro e attraverso il linguaggio. Il primo è thetraversal di una differenza verso l'altro mondo di una presentazione che possa dare motivi. La seconda inversione isthe della stessa differenza verso la unearthliness di un manifesto ancora non riconosciuta relazione ofour devastazione al word.PROPOSITION dimostrativo 2. Il topos è il paese in cui un CONTrOPArTITE ENCOUNTEROF PRENDE PLACEIt è importante che questa parola essere tradotto letteralmente. Quel paese (Gegend) è essenzialmente regione ospitale, non idilliaca campagna. Il contrasto del paese è l'apertura di una frattura, è la diversa della earthlyand l'ultraterreno, una differenza che non è identico con la differenza del mondo e la seconda distinzione otherworldly.The è una transizione misurata dal non essere a essere. La prima differenza è l'evento smisurato suddenand di uno o l'altro, o la confusione persistente del l'uno e l'altro, e thereare alcun motivo su cui si potrebbe decidere, per esempio, se noi continuiamo a seguire i sentieri del habitualthoughtlessness di essere o se siamo finalmente arrivati ​​a questo punto in cui siamo in grado di pensare per ourselves.And le controparti (Gegenden) di quel paese, quelli le cui parti, nel senso dei luoghi, sono in contrasto con oneanother-non conformi a una distinzione tipologica del umano e il divino. Questi ultimi non sono soggetti typesof ma i modi contrari essenziali per l'evento di incontro, un incontro (Begegnung) quel carattere hasthe di una corrispondenza. Anche se ognuno è essenzialmente diverso, e in effetti di auto-differenziazione, thatdifference è a sua volta al riparo in e da ciascuno dei due, che è il motivo per l'umanità può scambiare il suo forfreedom servitù o può aspirare a sostituire il gods.PROPOSITION defunti 3. IL PAESE DI CHE incontro è LANGUAGEOur essenza è logon echein, per contenere al linguaggio, per essere suoi interpreti. Certo è vero che tutte le esperienze isinterpretive e tutta l'esperienza sfocia in e attraverso il linguaggio. Ma per interpretare è, in modi diversi, la vocazione theparticular del poeta e il pensatore, il che significa che la vocazione dell'umanità è allo stesso tempo poetico
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La topologia di essere e riflessivo. Poetare e pensare: non si tratta di particolari professioni o talenti, ma la waysin preminente che l'umanità risponde al suo posto, come tali sono i modi in cui essa abita al di fuori del comune. Vocazione Thepoetic è quello di essere un segno, per mostrare ciò che deve essere mostrato. La chiamata riflessivo è in giro in modo che tale signsbe leggere, per far mostrare se stesso ciò che deve essere mostrato. Pensare solo è incapace di decidere che cosa deve essere meditato, ha bisogno di qualche indicazione di ciò che è degno di pensiero, che è a carico della dichiarazione poetica. Eppure tosay poeticamente ciò che è degno di pensiero non è ancora di pensare attraverso it.And né la poetica né la vocazione riflessivo, e nemmeno sia in concerto, in grado di decidere per se stesso quello che needsto essere mostrato. Per l'interpretazione di prendere un altro luogo è necessario, uno la cui essenza è essenzialmente altro, uno whomight dare un segno, che potrebbe apparire in se il mondano e sottolineare ciò che è degno di pensiero. Ciò che è AlsoCalled per, in altre parole, è un god.PROPOSITION 4. L'ESSENZA DELLA LINGUA E 'LA DIFFERENZA OFSAYING E THINKINGSaying precede e permette il pensiero, ma dice ciò che deve essere pensato. Pensare segue dicendo; tenta tothink ciò che deve essere pensato a quanto è già stato detto. Dire, come poetare, come la creatività di per sé, è anestablishing. Stabilisce poieticamente dove è che l'umanità potrebbe risiedere. Pensare, come un pensiero torna thedifference-crisi-che lo chiama indietro, alla sua differenza essenziale dal dire, è come tale critica necessariamente, vale a dire, la decostruzione, Echte Kritik. Si distingue in modo critico un altro modo di abitare, un altro thanthat naturalmente habitude.Of stabilito dicendo indietro e ripensando non sono eventi distinti. Tutto dicendo è in qualche misura thoughtfuland tutto il pensiero è sempre anche un modo di dire. Eppure dicendo è sostanzialmente più grande di pensiero, che è il motivo per cui precedesthinking storicamente. Mythos, la dichiarazione dicendo, il detto di ciò che deve pensare, è più vecchio e originallyindistinguishable dal logos, la dichiarazione di messa a terra, la sottomissione e la contestazione di dire da thinking.Indeed, logica assiomatica è essa stessa un poetare-per quello che è un Axioma origine e letteralmente, se non un tellingstatement?-e la recente ipotesi che Heidegger suture filosofia alla poesia non è solo cieco alla sua condizione ownpoietic e mitico, manca l'essenziale qui, che una sutura è l'unione di un rift.PROPOSITION 5. L'istanza di lingua è il SIGNYet un segno non è un significato, il riferimento di un significante sensibile al suo concetto soprasensibile. Non solo è ourcomprehension del significato di un significante incapace di decidere il pensiero del merito di ciò che significa, che il pensiero del merito è già stato deciso ogni volta che il suo significato è stato sottolineato a noi. Né canany misura logica ci assicura che la nostra preoccupazione per l'analisi del significato in qualsiasi caso concreto è notexpended nella ricerca di ciò che è indegno di pensiero. Logica, potremmo dire, non ottiene mai il instancy hint.The (Inständigkeit) del segno non è la particolare presenza di una caratteristica generale del linguaggio, ofdenotation, ma una singolare necessità o richiesta, in ogni caso lo stesso anche se non identici, che notto riferisce una realtà estrinseca, ma per il linguaggio stesso. L'istanza del segno è un segno che la sua interpretazione è wanting.A segno è un'istanza della libertà di lingua, che libera di pensare quello che vuole dire con precisione da fallingsilent. Non è un segno di qualcosa d'altro, per un significato che potrebbe spiegare, e quindi non ci può essere alcun concetto di Asign in quanto tale, in cui possiamo scoprire l'essenza del linguaggio e il carattere di base di parole. Per interpretazione segno è sempre quello di rilasciare una parola definitiva dalla circolazione sconsiderato delle chiacchiere di tutti i giorni e per suggestwhat quella parola-ciò che la parola 'nazione', ad esempio, potrebbe avere ancora a say.But interpretazione riflessivo può avere alcun ricorso all'immagine raccontare sia, a quella che poetare establishesin immaginazione. Infatti la metafisica del linguaggio è in sé essenzialmente un poetare, la creazione di meaningon base della idea o Bild, e la scoperta apparentemente radicale delle astrazioni di formale-matematico
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SEAN RYANlanguage è semplicemente lo scambio di un tipo di messa a terra di presentazione per un altro, del imagefor fisica geometrica. Per quello che sono i modi di pensare sillogistica o dialettico, se non la loro conformità alla immagine ageometrical? Ma il modo di pensiero stesso è il interminabile ricerca ancora non poco gratificante per il wordwithout image.All che resta da pensare, nella misura in cui esso è libero sia di metafisica terra Presupposto e di poieticworld-creazione, è il verbo e la lettera di lingua, è ciò che le sue parole alla lettera dicono. La verità del linguaggio, parole inother, sta nella etimologia. Ma riflessivo etimologia non è un problema con ciò che una parola si suppone eitheroriginally o correttamente a significare. Questo preconcetto si erge dalla metafisica del linguaggio, da theassumption che le parole comprendono una forma linguistica e un contenuto concettuale, per cui etimologia è solo theinterpretation della parola storica, sulla base della sua morfologia sintattica e semantica. Etimologia: thisis solo il tentativo di pensare attraverso il ritiro di senso storico, di pensare attraverso la anddepletion offuscamento della lingua nella sua usage.PROPOSITION quotidiano o tecnico-metafisico 6. Il topos del dire e pensare è quadruplice, MA CHE quadruplice IN OGNI CASO DIFFERENTThe quattro volte di dire poetare è che a noi familiare dalla lettura di Hölderlin. Dire si sforza con theconcealing familiarità di ciò che è già stato detto, in modo che possa dire apertamente ciò che deve essere detto, contatori andit l'auto-manifestazione o di auto-rifiuto di un segno che potrebbe indicare che cosa deve essere detto con l'auto -la definizione di interpretazione del segno. Per la topologia di Sein und Zeit, alla tesi che il mondo (e, a fortiori, TheWorld di un testo) è una totalità relazionale di significato, bisogna aggiungere che la differenza in un mondo che viene Tobe è in parte l'apertura del mondana orizzonte per la manifestazione o l'assenza di un segno, tra cui ad esempio signsthat potrebbe essere dato, ma non legge, che potrebbe ritirarsi dalla totalità dei significance.The mondana quattro volte di pensare, d'altra parte, si ottiene non da Hölderlin, ma da Eraclito, e è acrisis che viene prima ideato da Nietzsche. Il pensiero è chiamato a decidere non solo se il suo compito è tointerpret o di dettare tali segni, per decidere se sia o non può pretendere di aspirare alla divinità, ma anche whetherit acquiescente liberamente per l'originalità e l'ineluttabilità del diverso di dire e di pensare, al essentialumasterability nel pensiero di ciò che è stato detto, o se è destinato a rimanere schiavi significati non solo byfamiliar ma da un rapporto a dire, e così da una filosofia del linguaggio, che esaurisce itselfin il tentato padronanza significance.PROPOSITION 7. LA VOGLIA DI UN SEGNO stessa è un SIGNBut che segno più ultraterrena, il segno che un segno manca, è fin dal principio scambiato per il mereabsence di un segno, e ogni fondamentalismo, inclusi quelli risultanti dalla filosofia stessa, è una umanità arrogationto di quello che era essenzialmente divino, cioè la dettatura di ciò che deve essere pensato. Non solo è therefusal di un segno per sé un segno, del passaggio da o scomparsa delle divinità, è anche la prima cosa che issaid filosoficamente, ma anche l'ultima cosa ad essere se attraverso. Il rifiuto manifesto di un segno (il così calleddeath di Dio) è la rottura originale della poesia e della filosofia, e onto-teo-logica, che confonde desiderare andabsence, che porta la presenza ultraterrena del segno trattenuto a terra sotto forma di l'assioma, è l'interpretazione stillpoietic e non ancora riflessivo che deve ancora pensare la propria origine, che deve ancora pensare apertura throughthe di tale rifiuto, della caduta silenziosa language.If l'affermazione di questo rifiuto è l'inizio della filosofia, la decisione che si pone per il pensiero è la filosofia endof. Preoccupazioni che decisione se il topos quadruplice che sostiene il pensiero potrebbe finalmente essere heededor se è destinata a crollare nel duplice di diktat arrogante e asservimento alla onto-teo-craticdemand per maestria. Per ciò che accade quando prevale il rifiuto di un segno, ma va impensato non è widespreadignorance, la disintegrazione del significato in intuizioni cieche e concetti vuoti, ma qualcosa quitethe opposto, vale a dire l'impegno della ragione per il progetto sempre più sconsiderato della disposizione e
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La topologia DELL'ESSERE sicurezza di ciò che è ben known.PROPOSITION 8. IL intempestività RELATIVA DI DIRE ANDTHINKING 'IL CASO DI HISTORYTo dire-ma che significa anche creare, amministrare, di amare, di sperimentare, anzi a perseguire qualsiasi altro careeropportunity che potrebbero emergere dalla corrente metafisica economia-è quello di avventurarsi, per andare avanti, andit è di farlo in misura sconsideratamente, solo perché dice il creativo si apre la possibilità per i modi di pensare thatit stessa non può ricordare. Pensare a percepire, a criticare, a domanda, d'altra parte, è destinato alwaysto essere troppo tardi, di non avere più le parole che originariamente chiamarono indietro, dal momento che il pensiero può iniziare solo whensaying cade silent.And se la differenza di dire e pensare è essenzialmente storico, quindi per cercare di pensare attraverso Heidegger'stopology è di per sé un atto storico, per quanto modesto. Ogni atto di pensiero è un'epoca di essere, anche il mosthumble. Quindi, a seguire le dichiarazioni di Heidegger sulla topologia di essere, se vogliamo anche di essere consapevoli di situazione ourown, è quello di dare né una interpretazione fenomenologica antistorico di essere nel mondo, né conto anhistoriological e filologico di ciò che Heidegger potrebbe o dovrebbe aver detto e pensiero. Per thinkhistorically è di riconoscere che il proprio modo di pensare è essenzialmente priva di fondamento ma non senza precedenti. Storiografia toavoid e critica comparativa è quello di tenere a mente che la vera critica, esposizione, non è thedismantling della posizione di un altro pensatore, ma il tentativo di liberarsi di ciò che deve essere pensato, ma isthe esposizione della propria spensieratezza duraturo a fronte di ciò richiede thinking.And se siamo ovviamente responsabili delle nostre affermazioni, per la nostra attività e la creatività in quanto tale, ourthinking, d'altra parte, non è né nostro possesso, né la nostra realizzazione. Anche se devono risponderne, il destino ineluttabile del creatore, alla fine, deve essere ripudiato dalla loro creazione. Ma nemmeno che possibilityis disposizione del pensatore, che non è mai più che il custode di thought.PROPOSITION 9. La topologia è un essere pensante indietro dalla strada ENDThe attraverso il paese di lingua risale verso e attraverso il suo inizio, prova a pensare di più originallythan finora. Pensare può pensare solo indietro, la sua esperienza la sua situazione è diversa da quella di dire, whichmust parlare via. Perché il pensiero si trasforma essenzialmente indietro dalla sua fine in un ritorno alla sua nascita, perché ittries di ascoltare la manifestazione della sua nascita e da crollo in spensieratezza, e ammette la possibilitythat esso stesso potrebbe errare in confusione sconsiderato circa la propria situazione, la topologia di essere è un eschatology.But che è solo per dire che il pensiero è autentico critica, che la sua vocazione è quella di rispondere in modo decisivo alla crisi thatsustains esso, una critica che, tuttavia, deve anche concedere che non c'è nessuna misura che possa decidere se toostill pensa, se è rotta da sola finalmente thinks.Of a ripensare non è un'inversione di e ripetizione del pensiero di un'epoca precedente. Pensare backfrom la fine della filosofia, che significa cercare di pensare il suo inizio nel modo più originale, è anche finalmente toallow pensare la sua causa, se è il caso che la filosofia ha finora rimasto ignaro proprio essence.To poietica pensare Torna alla nascita, a ciò che viene detto, ma non pensato in esso, è anche l'unico modo per consentire pensare afuture.PROPOSITION 10. La topologia del benessere è il OFBEINGWhat tautologia rimane vero della fenomenologia, che non dobbiamo capire come una particolare scuola di pensiero butas la critica percettiva di ciò che si presenta al pensiero e quindi il modo di pensare della filosofia in quanto tale, è che la questione di il pensiero è la materia stessa (die Sache selbst). La questione è la questione selfsame (per sfruttare omologia theoriginal di 'sé' e 'stesso'), per l'auto. E 'la questione molto, la questione della veritas-a volte il latino
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Punto di Sean RYANmakes Heidegger più chiaramente di quanto non faccia il greco. Si tratta, in una parola, da-sé! L'selfsame non è identico a se stesso, in quanto auto-identità è una (anche se ovviamente contestata) tratto fondamentale di thebeing degli esseri, mentre per l'auto (Parmenide), al pragma auto ( Platone), in primo luogo permette di essere a venire alla luce come thematter della filosofia. Per Parmenide, è il selfsameness di 'essere a-essere' (eone emmenai), per Platone, è theselfsameness di 'essere più in essere' (ONTOS on). Ma è anche quella che permette di dire e di pensare al correspondwith la instancy di essere-con presenza rendere presente, con la materia selfsame tale che esige di essere saidand thought.But poi il selfsame è proprio la differenza stessa. E 'la cosiddetta ontologica e metafisica differenceof essere e gli esseri, ma è anche la differenza critica e storica che permette la crisi di dire andthinking di venire a passare. E 'il' tema 'della filosofia, per recuperare una parola dalla provincia di retorica, whereit ha languiva da Aristotele. Se la topologia dell'essere è detto, ma differenza impensato che sostiene Thelogic della verità (aletheia), se è la radura (Lichtung) di auto-occultamento riparo, poi il ofbeing tautologia è il detto-con la parola auto, che è perché 'autenticità' sarà sempre la traduzione più adatta evento ofEigentlichkeit-ma impensato (Ereignis) di quella materia, di essa-stessa nella sua auto-ritenuta. E se Heidegger'stopology è essenzialmente anche una tautologia, allora abbiamo bisogno di liberarci della tendenza a pensare la topologyof essendo l'estetica e la metafisica e perfino poetica del tempo-spazio. La derivazione va modo piuttosto theother, dalla correlazione impensato della Lichtung e Ereignis, una correlazione non pensava nemmeno byHeidegger attraverso se stesso. ◊ propria topologia di Heidegger segue la via di un saggio, e lo stile del saggio è quello della moderazione. Stile isnot essere confuso con il concetto di forma-saggio non deve essere distinto dal aforisma, thedialogue, il trattato, il documento di ricerca. Lo stile è piuttosto, per parlare topologicamente, la modalità (l'umore) di un wayof pensiero, è, per parlare tautologicamente, la via del pensiero stesso, la sua presenza a sé. Lo stile di restrizione è riconoscimento thethoughtful che tutto il pensiero è essenzialmente anche un modo di dire, e la precedenza di dire beforethinking affronta pensiero con l'inevitabilità della sua fine, come qualcosa di semplicemente detto, con la necessità, le parole di inHeidegger, che sarà compreso diverso di quello che pensava se stesso compreso. Restraint è theacceptance che ogni tentativo di dettare le condizioni, nel dire che la forma dominante di un decalogo, si apre semplicemente opportunità upthe per l'interpretazione critica di coloro terms.Thinking, che ripensa alla differenza di ciò che è già stato detto e ciò che non è ancora beenthought-alla sua origine in silenzio-nondimeno deve anche parlare via. Ma parlare avanti è quello di parlare poieticamente, per stabilire un mondo, che in sostanza significa interpretare il divino. Se lo stile di Heidegger.......... ZAMBRANO poesia che si dà come una ricogni-zione dei «luoghi (lugares)» a partire da cui essa, indirizzandosi a noi, ciinterpella e ci parla. E ciò perché nello scrivere, a differenza che nel parla-re, c’è la tendenza non a liberare, ma a trattenere le parole, a dare a questeultime «consistenza», «durevolezza», facendole gravitare verso un centro,nel cui segno si produce un «glorioso incontro di riconciliazione» con es-se: il «ritrovamento di un’amicizia perduta»1.“Luogo”, nella Zambrano, si dice in molti modi. Prima di tutto, essoè l’ambito in cui si dà la manifestazione del sacro:1 M. ZAMBRANO, Perché si scrive, in ID., Verso un sapere dell’anima, a cura di R. Prezzo,Cortina, Milano 1996, pp. 23-31: pp. 24-5.
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GIUSEPPE D’ACUNTO82il “luogo” è stato, […] prima che “naturale” (e non diciamo “razionale”), sacro2.E, per lei, la poesia è, appunto, figlia del linguaggio liturgico e «ope-rante» delle origini.La poesia originaria […] è il linguaggio sacro […]. Linguaggio sacro che oggi sen-tiamo ancora nelle formule della religione […]. La parola sacra è operante, attiva[…]. Ogni poesia manterrà sempre molto di questo linguaggio sacro originario3.“Luogo” assume, poi, nella filosofa spagnola, anche una declinazione“regionale”, conformemente all’uso che ne viene fatto nella sua terra na-tale: l’Andalusia. Qui, esso ha il senso di «“luogo di origine”, […] piccolapatria», intesa, a sua volta, «più che in riferimento ad uno spazio, […] alcontesto culturale ed umano»4:il luogo predomina […] nella nozione di patria. Di patria di storia, di patria di lin-guaggio e di modi di vita, di cultura5.Inoltre, “luogo”, nella Zambrano, non è esente da una qualche in-fluenza aristotelica, se è vero che, nel Libro IV della Fisica, esso è conno-tato in una chiave eminentemente “dinamica”, ossia, più che nel segnodella posizione, in quello delle propensioni e delle forze che lo attraversa-no.[T]rattandosi di eventi ed esseri viventi, il luogo [che li ospita] non è qualcosa difisso6.2 M. ZAMBRANO, A modo di prologo, in ID., Luoghi della poesia (con testo orig. a fronte),a cura di A. Savignano, Bompiani, Milano 2011, pp. 144-63: p. 147. Di tutto ciò, troviamoconferma in due testi della filosofa spagnola: in un’intervista, da lei rilasciata nel 1988, checompare appendice al vol. di E. NOBILI, María Zambrano: il pensiero appassionato, Il Filo,Roma 2009, pp. 167-83, e in Quasi un’autobiografia, in «aut aut», 1997, n. 279, pp. 125-34.Mentre nel primo testo leggiamo che «il sacro è [ciò che è] ascritto a un luogo» (p. 179), nelsecondo, invece, che esso «non si manifesta mai interamente […] [se non] in relazione a unluogo» (pp. 130-1).3 Considerazioni sulla poesia, in Luoghi della poesia, cit., pp. 166-85: p. 179. A propositodelle «formule» adottate dal linguaggio sacro e dalla «poesia originaria», la Zambrano affermache esse «non solo esprimono, ma attuano, sono formule efficaci, attive»: «azioni in se stesse,unità di parola ed azione», di «azione pura e pensiero totale». Cfr. Appunti sul tempo e la poe-sia, in ivi, pp. 190-7: pp. 191-3. 4 A modo di prologo, cit., p. 145, nota 2 (di J. F. Ortega Muñoz).5 Ivi, pp. 145-7.6 Ivi, p. 145.
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IL NOME DI OGNI COSA83Un “luogo”, infine, è tale, solo se ha dei «dintorni (afueras)»7, cosìche, per questa via, siamo ricondotti al concetto di “circostanza” di Orte-ga, da lui definita, infatti, come l’insieme delle «cose mute che ci circon-dano»8. E, per la Zambrano, il poeta è proprio colui che presta la sua vo-ce a ciò che, palpitando intorno a noi, si consegna al mutismo e «non silascia dire»9, colui che offre la sua compagnia a quel che è «innominato oinnominabile»10, a «ciò che nessuno guarda»11, affinché, così, esso «nonrimanga solo»12. Ora, da tutto ciò ne viene che «il luogo proprio, “naturale”, della pa-rola poetica è il silenzio», il quale pervade sia la regione celeste alta cui es-sa ascende, sia la regione infernale bassa dove sta imprigionata e in cui sidivincola, mossa dall’«ansia di [voler] prendere possesso della visibilità,[…] di [voler] assumere un corpo»13. E cielo e inferi sono, appunto, ledue polarità che danno vita a quella tensione che è connaturata alla paro-la poetica. E ciò non a caso, ma per un destino iscritto nella stessa originemitologica di essa. Il mito ci racconta, infatti, che a portare sulla terra lapoesia sarebbe stato un eroe discendente da Apollo: Orfeo. [In tal senso, essa è] un dono caduto dal cielo, un dono che libera l’uomo e lo con-sola. Ma Orfeo è anche un personaggio infernale, che discese agli inferi in cerca diEuridice14.La Zambrano configura una tale discesa agli inferi anche come unviaggio dell’anima in cui tutto quel che accade appartiene alla sfera de-7 La maschera della storia, in Luoghi della poesia, cit., pp. 212-9: p. 215.8 J. ORTEGA Y GASSET, Meditazioni del Chisciotte, in ID., Meditazioni del Chisciotte, tr.it. di B. Arpaia, Guida, Napoli 1986, pp. 31-130: p. 40.9 M. ZAMBRANO, L’uomo e il divino, tr. it. di G. Ferraro, Edizioni Lavoro, Roma 2001,p. 63.10 La nascita della poesia, in Luoghi della poesia, cit., pp. 186-9: p. 189.11 Un poeta classico: Enrique de Mesa, in ivi, pp. 350-61: p. 359.12 La nascita della poesia, cit., p. 189. Sull’«attitudine caritativa cristiana» che, in tal mo-do, caratterizzerebbe la Zambrano, essendo ella mossa dal proposito di riscattare, nel segnodella «misericordia», tutto «quel che geme abbandonato», cfr. L. M. DURANTE, La letteraturacome esperienza filosofica nel pensiero di María Zambrano. Il periodo romano (1953-1964),Aracne, Roma 2008, p. 105.13 A modo di prologo, cit., p. 149. E proprio in tal senso, la Zambrano parla di una sortadi “riscatto dell’ineffabile” che si ha quando il silenzio, «schiacciato dalla parola» e «da essaspinto verso il regno delle ombre», si riaffaccia «chiedendo di uscire alla luce, di vivere la vitadell’espressione». Cfr. M. ZAMBRANO, L’agonia dell’Europa, a cura di C. Razza, Marsilio,Venezia 1999, p. 89.14 M. ZAMBRANO, La Spagna e la sua pittura, in ID., Luoghi della pittura, a cura di R.Prezzo, Medusa, Milano 2002, pp. 59-75: p. 61.
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GIUSEPPE D’ACUNTO84ll’«indicibile». E ciò perché Orfeo rappresenta il desiderio di «patire iltempo fino in fondo», per cui «il patire quando è così vivo è indicibile». Orfeo è poeta non tanto per quello che alla fine riuscì a dire, se qualcosa disse, maper la sua azione. Ecco che allora Orfeo, proprio per mantenersi fedele all’«indicibile»,non ha altra via che quella di convertirlo in musica o, meglio, in ciò cherappresenta la «forma più musicale della parola: la poesia».La musica esce dall’inferno; non è discesa dall’alto. La sua origine, prima che cele-ste, è infernale. Più tardi apparirà […] l’armonia [che] viene dopo il gemito el’incanto. La particolarità di Orfeo […] è che il gemito non è lamento disperato,[…] ma dolcezza segreta, misteriosa dolcezza che esce dalle viscere dell’inferno15.È così che Orfeo riscatta sì la poesia, ma «lasciandola per metà pri-gioniera», nel senso che, da quel momento in poi, essa vivrà una doppiacondizione: come «vera intermediaria», «abiterà […] nell’oscuro mondoinfernale e in quello della luce». Prima che le sia concesso di «ascenderealle forme identiche della luce», dovrà discendere negli inferi e lì «immer-gersi nell’oscuro abisso che l[e] sostiene»16.Ed Euridice è, appunto, l’icona cui «ogni poesia dovrà pagare il pro-prio tributo», nel senso che il verso, in quanto «continuità salvatrice», èciò che permette di superare quell’«abisso», o «radice del canto» e della«voce»17, che è proprio il motivo che ella simboleggia.15 L’uomo e il divino, cit., pp. 97-8. Afferma la filosofa spagnola che, nella poesia, si pro-duce sempre quel «tempo del canto» – che alcune volte è «pianto», altre è «lamento» – che èciò che «precede e annuncia la consumazione del sacrificio». Cfr. M. ZAMBRANO, I sogni nel-la creazione letteraria: «La Celestina», in ID., Spagna. Pensiero, poesia e una città, tr. it. di F.Tentori, Città Aperta, Troina (En) 2004, pp. 19-29: p. 25.16 Cuba e la poesia di José Lezama Lima, in Luoghi della poesia, cit., pp. 594-601: p. 599.Sulla poesia come «ansia insieme di annichilimento e di splendore», cfr. M. ZAMBRANO, IBeati, a cura di C. Ferrucci, SE, Milano 2010, p. 43.17 A modo di prologo, cit., p. 151. Sulle profonde affinità che corrono fra la Zambrano eBlanchot, circa il modo di intendere l’esercizio della scrittura, cfr. N. BOMBACI, Patire la tra-scendenza. L’uomo nel pensiero di María Zambrano, Studium, Roma 2007, pp. 59-62. Sipensi, ad esempio, al fatto che, anche per il critico francese, scrivere è un gesto che «inco-mincia con lo sguardo di Orfeo». Nel senso che l’«opera» cui attende quest’ultimo consiste-rebbe nell’avvicinarsi a un “punto”, consegnato al buio e all’oscurità notturna, nel «riportarloal giorno» e nel dargli, così, «forma, figura e realtà». Cfr. M. BLANCHOT, Lo spazio letterario,tr. it. di G. Zanobetti, Einaudi, Torino 1975, pp. 151 e 147.
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IL NOME DI OGNI COSA85[L]’anima viene strappata alla sua condizione gemente, al suo sentire indicibile.Trovando il suo modo di “dire” […] viene restituita al suo luogo e alla sua condi-zione originaria; è ormai se stessa; è stata riscattata18.E, a proposito del canto, la Zambrano afferma che esso è, originaria-mente, memoria: nostalgia della nostra «perduta intimità luminosa»19, diun tempo anteriore ad ogni tempo vissuto, di un tempo che è sempreun’«Età dell’Oro» o un «Paradiso perduto»20. Tempo in cui siamo con-segnati ad una «patria pre-natale», ad «uno stato di puro oblio», di «nudarealtà carnale», di «nudo palpitare nell’oscurità», in cui riposa «il fonda-mento poetico della vita», nonché «il segreto del nostro essere terreno»21.Ed è proprio nella poesia ciò in cui si trova incisa l’impronta che ha las-ciato questa «forma perduta, […] testimonianza del fatto che l’uomo hagoduto un tempo una vita diversa». Tutto ciò che dice la memoria lo dice cantando, pur essendo una semplice numera-zione. Ricordare, contare, cantare. Il numero è la ragione – il logos specifico – delcanto e della memoria.Memoria che è configurata anche come «una forma di pietà»: «pietàvolta a compensare la crudeltà del nuovo arrivato»22, di quell’istante pre-sente che, nell’atto stesso in cui si affaccia alla vita e alla storia, tende, ap-punto, a sopravanzarci.Il tempo è, infatti, ciò che, introducendosi nella parola «operante» de-lla poesia, all’origine del linguaggio, quando la vita umana non sottostavaancora a nessun regime storico, produce in essa una scissione tra azione epensiero. Di qui, l’«irresistibile nostalgia» che ci spinge alla ricerca deltempo perduto, di quell’«unità del tempo in cui l’esistenza trova la suapiena attualità».18 L’uomo e il divino, cit., pp. 99-100.19 La Spagna e la sua pittura, cit., p. 62.20 Considerazioni sulla poesia, cit., p. 183.21 Cuba e la poesia di José Lezama Lima, cit., p. 597.22 Considerazioni sulla poesia, cit., pp. 179 e 183. Sulla pietà, per la filosofa spagnola,come «la matrice originaria della vita del sentire» o come «sentimento dell’eterogeneitàdell’essere», cfr. M. ZAMBRANO, Per una storia della pietà, in «aut aut», 1997, n. 279, pp. 63-9: pp. 66 e 68. Pietà che, proprio in quanto «si lascia vedere e, più ancora, sentire», si esplica,soprattutto, nella pittura. Cfr. N. BOMBACI, La pietà della luce. María Zambrano dinanzi ailuoghi della pittura, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz), 2007, p. 39.
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GIUSEPPE D’ACUNTO86La poesia nasce così come memoria. E sempre conserverà qualcosa della memoria,della memoria contrapposta alla ragione23.Per cui, mentre, da un lato, abbiamo la ragione che, attraversol’organo del pensiero concettuale, è «diretta sempre al futuro», dall’altro,abbiamo, invece, la memoria che, attraverso l’organo della nostalgia, è«sempre in lotta per captare […] un tempo privilegiato di cui quello cheviviamo è soltanto decadenza»24.Non solo, ma poesia e filosofia intrattengono anche un diverso rap-porto con la speranza. Anzi, è proprio qui la «differenza più radicale» chele separa. Mentre la filosofia, nel segno di un’«assenza di concretezza», vaincontro alla speranza, giacché «dispone o crede di disporre di un oriz-zonte di temporalità», la poesia, invece, «concretizzando sempre, richiedeimmediatezza». In tal senso, mentre l’eternità si dà immediatamente allapoesia, la filosofia, invece, si limita a segnalarla, ad indicarla, «senza gus-tarla»25.Ora, la parola poetica, volendo cancellare la separazione che ne con-trassegna la nascita, tende, naturalmente, ad unirsi proprio a ciò chesembra il suo contrario e, addirittura, il suo nemico: il silenzio. E adunirvisi nel segno del ritmo. Solo per questa via, essa può «ritornareall’innocenza perduta, ad essere efficacemente vita in pienezza: azione»26.È così che, coltivando il sogno di un’«innocenza perduta», la poesia siincatena all’incanto di ciò che ci fa dono della sua presenza. E in questo,evitando la concretizzazione di qualsiasi forma di superbia27: in essa, lacoscienza «non è segno di potere», ma «necessità ineludibile affinché unaparola arrivi a compimento»28 e recuperi, in tal modo, il suo profilo ori-ginario di «azione». 23 Appunti sul tempo e la poesia, cit., p. 195. Sul carattere di “pensiero rammemorante”,nel senso di Heidegger, che la poesia viene ad assumere, così, per la Zambrano, cfr. D. RE-FERZA, “Ma ciò che resta lo istituiscono i poeti”. L’ermeneutica della poesia in Martin Heideg-ger e María Zambrano, L’arcolaio, Forlì 2009, p. 86.24 Appunti sul tempo e la poesia, cit., p. 195. A proposito della nostalgia su cui fa leva lapoesia, la filosofa spagnola afferma anche che essa, quando è rivolta a «ciò che non si è maiavuto», produce «come la sensazione di un tornare a possederlo». Cfr. Considerazioni sullapoesia, cit. p. 181.25 Sulla generazione del ’50, in Luoghi della poesia, cit., pp. 482-7: p. 487.26 Appunti sul tempo e la poesia, cit., p. 197.27 La superbia, intesa come idolatria della ragione, sarebbe un peccato di cui la filosofiasi macchia non ai suoi inizi, ma con il «razionalismo moderno nella sua forma idealista, e inparticolar modo con Hegel». Cfr. M. ZAMBRANO, Pensiero e poesia nella vita spagnola, a curadi C. Ferrucci, Bulzoni, Roma 2005, p. 26.28 Filosofia e poesia, a cura di P. De Luca, Pendragon, Bologna 2002, p. 94.
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IL NOME DI OGNI COSA87Al riguardo, la Zambrano ci ricorda che poesia, derivando da poiesis,significa, appunto, «l’azione più attiva di tutte»: ciò che, a differenza delpensiero, merita pienamente «il titolo di creazione»29.Attraverso il tema della creazione siamo ricondotti, così, a quello dellamistica e, in particolare, al nome di san Giovanni della Croce, se è veroche egli incarna il modello dell’azione perfetta, senza agente, che sembraessersi prodotta da se stessa: l’icona di «una trascendenza pienamente rea-lizzata, [di] una universalità raggiunta e trasparente»30.Ciò che persegue il mistico carmelitano è il negativo nella sua formapiù pura31. La vita, cioè, va trascesa non per un qualcosa che sopravvengadall’esterno, ma per un evento che si dà come connaturale ad essa: «pernulla e per tutto».Il suo smisurato amore per il “tutto” è […] conseguenza del fatto che non può ade-rire a nulla32.Siamo, così, al nesso fra distruzione e creazione, nel senso che alla ra-dice di quest’ultima c’è «un’azione dissociatrice» – simboleggiata da «unapiccola fiamma» – la quale, annichilando l’anima, tende a produrre «unostato di indeterminatezza simile al caos». «Stato» da cui si esce verso «unazona intermedia tra la vita e la morte», verso «un’altra vita» rispetto aquella dataci, nella quale «si gusta la più recondita realtà delle cose»33: lo«stato» della poesia, appunto.29 Poesia e storia, cit., p. 205. In merito a tutto ciò, la Zambrano scrive che, quando Go-ethe affermò che “in principo era l’azione”, «non intese dire altro se non che in principio erala poesia. E così i due Vangeli, quello dell’azione e della parola, non sono se non i due ver-santi di un’unica realtà». Cfr. Cuba e la poesia di José Lezama Lima, cit., p. 599.30 M. ZAMBRANO, San Giovanni della Croce. Dalla notte oscura alla più chiara mistica, inID., La confessione come genere letterario, tr. it. di E. Nobili, B. Mondadori, Milano 1997, pp.109-26: p. 112. Per quanto riguarda questo nesso fra trascendenza e azione, va detto che, perla filosofa spagnola, il trascendere stesso è già un’«autentica azione»: quella che, «tra tutte, [è]la più attiva e la più costante». Cfr. M. ZAMBRANO, L’atteggiamento davanti alla realtà, inID., Per l’amore e per la libertà. Scritti sulla filosofia e sull’educazione, a cura di A. Buttarelli,tr. it. di L. M. Durante, Marietti, Genova-Milano 2008, pp. 146-53: p. 149.31 Su questo punto, G. AGAMBEN, La «notte oscura» di Juan de la Cruz, introduzione aJUAN DE LA CRUZ, Poesie, a cura di G. Agamben, Einaudi, Torino 1974, pp. V-XIII, affermache l’autore in questione «può essere considerato come uno dei primi scopritori di quellapotenza del negativo che Hegel, più di due secoli dopo, doveva porre al centro della sua dia-lettica» (p. VII, nota 2). Sulla presenza decisiva, nel pensiero della Zambrano, non solo di s.Giovanni della Croce, ma anche di s. Teresa d’Avila, cfr. C. DOBNER, Dalla penombra tocca-ta dall’allegria. María Zambrano donna filosofo, OCD, Morena (Rm) 2005.32 San Giovanni della Croce. Dalla notte oscura alla più chiara mistica, cit., pp. 114 e 116.33 Ivi, p. 118. Questa «zona intermedia», che coincide con «il compimento del vero a-more», è quella da cui parla una «voce che non è verso»: una «voce abissale che emerge dal
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GIUSEPPE D’ACUNTO88E la poesia, per san Giovanni della Croce, è «sempre […] cosa della“carne”, dell’interiorità della carne, delle viscere. Ma in relazione e con-tatto con qualcosa che è fuori di esse». Il che sta a significare che le «vis-cere» non sono condannate a restare solo «grido o gemito», così che la pa-rola è impossibilitata ad esprimerle, ma che ci sono cose che, propria-mente, «non possono essere dette». La poesia, cioè, non è la «cruda mani-festazione» di ciò che, in quanto «inconfessabile», «non può giungere allaparola»34, ma, proprio al contrario, essa «è il nome di ogni cosa, di ogniazione, di ogni evento della vita».[N]omina con la parola esatta e nel tono giusto tutte le cose35.E il linguaggio che la poesia, in tal modo, consegue segna un ritornoproprio a ciò che esso, un tempo, è stato in Grecia, «quando la filosofianon era ancora nata: una morale, un codice di vita». O, ancora, «una re-golazione della vita umana», un «sistema di relazioni tra l’uomo e ciò chelo circonda»: quel sistema che ci insegna «il modo di trattare con gli esserie con le cose»36, che, accordando il nostro «passo […] al pulsare del cuoredella terra», ci «insegna a respirare»37.La Zambrano chiama «supreme» o «paterne» quelle parole che, dis-pensate dalla poesia, «sembrano emergere dal fondo della nostra storia»:parole che «ogni popolo ha avuto bisogno di ascoltare qualche volta dallabocca di un legislatore».Legislatore poetico, padre di un popolo38.Sempre sul filo delle differenze che corrono tra filosofia e poesia, ab-biamo accesso, così, ad un’unità che è strutturalmente distinta da quellache si può attingere attraverso il pensiero. Mentre, da un lato, abbiamoun’«unità a-temporale» o «sovra-temporale», dall’altro, invece, un’«unitàvivente»: la «creazione di un tempo sacro in cui tutti […] comunicano trasilenzio senza romperlo», che è «sospesa sull’abisso, sostenuta dalla musica, abbracciata a es-sa». Cfr. M. ZAMBRANO, La voce abissale, in ID., Le parole del ritorno, a cura di E. Laurenzi,Città Aperta, Troina (En) 2003, pp. 234-6: p. 235.34 San Giovanni della Croce. Dalla notte oscura alla più chiara mistica, cit., pp. 120-1. Aproposito delle cose che «non possono essere dette», la Zambrano afferma che esse, proprioperciò, devono essere scritte. Cfr. Perché si scrive, cit., p. 26.35 Un poeta classico: Enrique de Mesa, cit., p. 355.36 Ivi, pp. 355-7.37 Ivi, p. 359.38 Parole paterne, in Le parole del ritorno, cit., pp. 214-5: p. 214.
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IL NOME DI OGNI COSA89loro e con l’universo», in cui «l’universo si attualizza», così che noi «siamoi suoi legittimi abitanti»39, ossia troviamo in esso la nostra «immediatadimora terrestre»40.Ma, più che trattarsi di due differenti unità, si può dire che è dallasfera della poiesis che scaturiscono entrambe, la poesia e la filosofia, dovela seconda nascerebbe da una costola della prima:la filosofia, pur sempre figlia della poesia, riuscì a creare nei suoi momenti di matu-rità, nella piena padronanza di se stessa, una forma in cui ricompare l’antica unità,sebbene irriconoscibile a prima vista41.E questa «forma» sarebbe data, appunto, dal sistema, il quale, nellasua configurazione chiusa, verrebbe ad intrattenere un rapporto di strut-turale affinità con il poema.[Il sistema è] il luogo in cui la poesia rivive unita alla filosofia, in una unità tantointima e vera da risultare perciò stesso invisibile. […] È stato il sistema la forma pu-ra della filosofia nella cultura occidentale moderna. Ma come forma pura e compiu-ta è anche poesia, poema: oggettività, trasparenza, e quell’autonomia che giunge acancellare quasi l’autore da cui procede.Poema e sistema si accomunano in questo: che la «forma», quantopiù, nell’uno e nell’altro, è pura, tanto più «possiede la sua musica, il suonumero e misura, perfino il suo peso»: una consistenza che dà ad essapiena realtà, una musica che la «rende invulnerabile»42.Tale «forma» si diversifica, poi, in direzione della filosofia o della poe-sia, in quanto, mentre, nella prima, «l’innocenza dello sguardo verso […]l’uno e l’unità» si dispiega secondo «numero» e «misura», spetta alla poe-sia, invece, di farsi carico del «peso», ossia del «fardello della croce de-ll’uomo e [del]la sua fragilità»43.E, proprio in merito a quest’ultimo punto, ecco un tratto di ulterioredivergenza tra filosofia e poesia. Nel senso che, mentre la seconda, «pren-dendo il mondo così come lo trovava, senza pretendere di riformarlo», haportato sempre la sua attenzione al «fallimento insito nella condizioneumana», accettandolo o anzi, di più, «immergendosi in esso»44, la prima,39 Un poeta classico: Enrique de Mesa, cit., p. 357.40 Federico García Lorca, in Luoghi della poesia, cit., pp. 370-99: p. 381.41 Considerazioni sulla poesia, cit., p. 171.42 Ivi, p. 173.43 I Beati, cit., p. 47.44 Pensiero e poesia nella vita spagnola, cit., p. 22.
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GIUSEPPE D’ACUNTO90invece, coltivando, ogni volta, propositi di riforma dell’esistente, ha potu-to non solo riconoscersi in un potere, ma addirittura, con Platone, pre-tendere tutto il potere per sé. Dicevamo che nell’opera – poema o sistema che essa sia – l’autoregiunge a cancellarsi. Non solo, ma egli realizza anche un’identità del tut-to speciale con la sua creazione.Il filosofo e il poeta si identificano con la loro opera più di qualsiasi altro autore.Entrambi pervengono ad una «riconciliazione», nella quale «si placa-no gli aneliti più reconditi, e la vita trova il suo specchio fedele, lo spec-chio della conoscenza vivificante»45.Quest’immagine dello «specchio» la Zambrano l’ha modulata, in par-ticolare, nel contesto della sua interpretazione di un grande poeta: Dante.In un libro che inizia proprio così:Ogni opera umana si rivela sempre […] uno specchio in cui gli uomini possonoguardarsi. […] È esattamente questa l’idea dell’uomo che Dante professa in tutta lasua opera46.Quest’ultima, a sua volta, sarebbe tutta «uno specchio poliedrico», in-centrata nel motivo secondo il quale la ragione, illuminata dalla fede edall’amore, è «una scala mediatrice», attraverso cui si fa possibile «viaggia-re, transitare per i mondi diversi che compongono l’universo visibile e in-visibile»47.E proprio l’amore – in particolare, quello per Beatrice – è ciò cheporta Dante «a morire e rinascere, per quanto è possibile, restando unabitante della terra»48, che lo spinge «fino al limite estremo, là dove la vitasi rende visibile e dove l’invisibile si fa almeno immaginabile e in qualchemodo sperimentabile»49.45 Considerazioni sulla poesia, cit., p. 175.46 M. ZAMBRANO, Dante specchio umano (con testo orig. a fronte), a cura di E. Laurenzi,Città Aperta (En), Troina 2007, p. 59. Naturalmente, quando la filosofa spagnola fa ricorsoalla metafora dello «specchio», non lo intende tanto come quella superficie che riflettel’immagine, quanto come ciò che la crea e la ricrea «sempre di nuovo». Cfr. M. ZAMBRANO,Dello scrivere, in Le parole del ritorno, cit., pp. 137-41: p. 139.47 Ivi, pp. 61-3.48 Ivi, p. 67.49 Ivi, pp. 87-9.
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IL NOME DI OGNI COSA91Quello che Dante ha sperimentato dev’essere qualcosa di più che l’amore umano. EBeatrice manifesta […] un’esperienza di conoscenza amorosa che secoli dopo si sa-rebbe detta mistica50.La soglia verso cui Dante ci conduce, con la sua nozione di “intellettod’amore”, è data, infatti, dalla conquista di un concetto di filosofia im-prontato alla stretta unità che si dà fra amore e intendimento: in cuil’amore, perdendo il suo carico tradizionale di irrazionalità, «da fuocoqual era […] passa ad essere luce», mentre l’intendimento, da «mera chia-rezza», passa ad essere «luminosità che irradia e vivifica»51.Tale concetto di filosofia avrà, però, un’incidenza minoritaria rispettoa quello, di stampo “umanistico”, che ha dominato nella nostra tradizio-ne occidentale: il concetto che ha decretato la fine del «tempo della gloriadi Dio» e ha istituito, al suo posto, l’inizio della «gloria dell’uomo»52. Vifu un tempo, infatti, in cui ogni essenza o forza non era racchiusa in unasola forma, ma, potendo «transitare liberamente per tutti gli stadi de-ll’essere», scandiva i passi di quella «danza» che permeava di sé l’interacompagine della creazione. Venne, poi, la filosofia che, mossa da «smaniadi potere e dominio», si dedicò ad una «rassicurante fissazione» degli esse-ri, provvedendo a renderli ognuno uguale a se stesso, nonché a distribuir-li in «famiglie, specie e generi»53.Siamo di nuovo, così, alla divaricazione fra conoscenza intellettuale econoscenza poetica, dove, mentre la prima «esige e ribadisce l’unità diogni essere», la seconda, invece, «si muove nel territorio ampio e genero-so, per il vasto spazio in cui si produce la metamorfosi»: essa è, appunto,quella «voce» che si rivolge a tutte le «forme latenti», invitandole a «mani-festarsi danzando»54.Conoscenza poetica che ha afferrato l’istante di quello che sta per essere, di quantonon è ancora, il tremito che dà la vita, che nessuna forma può dominare totalmen-50 Ivi, p. 67.51 Ivi, p. 93.52 Lydia Cabrera, poeta delle metamorfosi, in Luoghi della poesia, cit., pp. 562-73: p. 565.Circa il fatto che, per la filosofa spagnola, la nascita della theoria, in Grecia, ha significatol’imporsi non solo di una «rappresentazione dell’umano, dell’idea dell’uomo […] in tutte lesue proporzioni e misure», ma anche, e soprattutto, di «una visione umanizzata della realtà»,cfr. L’agonia dell’Europa, cit., p. 87.53 Lydia Cabrera, poeta delle metamorfosi, cit., pp. 562-73: pp. 563-5.54 Ivi, p. 567.
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GIUSEPPE D’ACUNTO92te, il soffio creatore che dà la grazia e la libertà alla forma di vita più piena: la dan-za55.Ciò che è in gioco nel sopravvento che la conoscenza intellettualeprende su quella poetica è, però, qualcosa di più che una semplice succes-sione o un puro avvicendamento: si tratta di una vera e propria cesuraepocale, dove una luce di intensità solare, «imperiosa» e «opprimente»come «un monarca assoluto» o «un giudizio inappellabile», si insedia conautorità e spazza via un’«altra luce»: una luce «come atmosfera» che «nonsi impone», non «detta sentenze», «non pesa né si condensa», che è «li-quida e alata», «tenue […], timida», «vacillante», che è annuncio di«qualcosa che verrà», ma che, al tempo stesso, conserva anche «qualcosadi ciò che ormai si ritira», che «disfa le ombre in una battaglia senza alcu-na violenza»56. Si spegne, così, «la danza dell’iniziare: le cose perdonofluidità, si arresta il movimento che le percorreva ed esse sempre più van-no assestandosi in una posa definitiva che conferirà loro certezza e stabi-lità di esistenza»57. Ed è proprio questo il momento in cui si compie lasvolta epocale dal regime cosmico della metamorfosi a quello “umanisti-co” dell’essere.La vita spontanea delle creature dell’essere.................................


Edited by gpdimonderose - 30/4/2013, 14:34
 
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