gpdimonderose


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4/1 20:07: fisicabissale in ontology


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B_NORM  
view post Posted on 3/5/2013, 14:55 by: gpdimonderose Reply

.........................distruzione (Destruktion) fenomenologica della storia dell’ontologia e
4 Gadamer 1983, p. 24; pp. 138-149.
5 Volpi 1984, p.15; 1985, p. 74; 1988, p. 219; 1990 p. 4;
6 “Di continuo ci si scandalizza per le forzature che si ravvisano nelle mie interpretazioni [...] si
può dire che gli storici della filosofia hanno ragione quando rivolgono quest’accusa contro quelli
che vorrebbero promuovere un dialogo di pensiero tra i pensatori. A differenza della filologia
storica, che ha il proprio compito, un dialogo di pensiero è soggetto ad altre leggi che sono più
vulnerabili. Nel dialogo è più alto il rischio dell’errore, e sono più frequenti le mancanze”.
Heidegger 1929, p. 7.
7 A tal proposito, Berti 1992, pp. 44-111.
8 Volpi 1985, p. 74.
9 Volpi 1988, p. 219.
3
nel secondo capitolo a quello di passo indietro (Schritt zurück) appartenenti
rispettivamente allo Heidegger prima e dopo la cosiddetta Svolta degli anni ’30.
Si riporta di seguito il contenuto dei singoli capitoli.
1) Il primo capitolo a carattere introduttivo rintraccia sommariamente la genesi
del concetto di distruzione fenomenologica della storia dell’ontologia cercando di
ricondurlo alla ricerca dell’essere annunciata in Essere e Tempo. Il termine
distruzione non va inteso nell’accezione negativa che solitamente l’accompagna e
sarà invece inteso nel senso di una de-costruzione10 e di una fondazione radicale
dei concetti fondamentali della tradizione che ha di mira la riproposizione della
questione dell’essere e la sua connessione con il tempo. La ricostruzione del
contesto della ricerca intrapresa da Essere e Tempo11 e la riconduzione in essa del
concetto heideggeriano di distruzione fenomenologica sarà svolto attraverso le
proposte interpretative di Franco Volpi, Adriano Fabris, Costantino Esposito,
David Wood. Sarà data particolare attenzione al “debito metodologico” che
l’approccio heideggeriano alla storia della filosofia ha contratto nei confonti della
fenomenologia husserliana, così come risulta dall’articolo di Volpi “L’approccio
fenomenologico alla storia della filosofia del primo Heidegger”.
2) Con l’espressione passo indietro (da considerare insieme alla coppia
superamento-oltrepassamento) si fa riferimento alla disposizione metodologica
con la quale Heidegger affronta il tema della “tradizione” dopo Essere e Tempo. Il
termine passo indietro designa il tentativo di Heidegger di prendere commiato
dalla tradizione non scorgendo più dopo la svolta degli anni ‘30 la possibilità di
una riformulazione radicale dell’ontologia. Il passo indietro verrà messo da
Heidegger a confronto, nella Costituzione onto-teo-logica della metafisica12, col
concetto hegeliano di Aufhebung al fine di tracciare una serie di distinzioni tra il
suo approccio alla storia della filosofia e quello di Hegel. La trattazione di questo
tema si è avvalso dei tes...

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Comments: 0 | Views: 6Last Post by: gpdimonderose (3/5/2013, 14:55)
 

B_NORM  
view post Posted on 28/4/2013, 14:40 by: gpdimonderose Reply

................ L'è É L'essere ontologia dell'essere nulla ontologia
Al di là Topologia ontologia essere al di là dell'essenza al di là schema L'è L'essere L'è ..........................................



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Comments: 0 | Views: 3Last Post by: gpdimonderose (28/4/2013, 14:40)
 

B_NORM  
view post Posted on 24/4/2013, 15:37 by: gpdimonderose Reply

...........l'oltremetafisicaEvENtodell'essere; la metafisica ha parlato degli enti, e ha ridotto Dio a un ente, ma ha ignorato l'essere, riducendo il pensare a un pensare "calcolante", che ha la sua compiuta realizzazione nella tecnica moderna. La tecnica, secondo H., non è un risultato dell'applicazione delle scienze esatte; al contrario, le scienze esatte sono sorte e si sono sviluppate all'unico scopo di servire la tecnica, che è originariamente espressione di una volontà di potenza, di un desiderio di dominio e di sfruttamento della natura, che è anche all'origine della metafisica. Infatti, secondo H., la metafisica si è sempre mossa (cfr. la sua analisi della causalità) sul piano del fare e non su quello dell'essere. Con la fine della metafisica può aprirsi un'epoca in cui l'uomo si rivolge all'essere con un pensare che non è più il pensare calcolante della scienza, ma un meditare, un pensare "rammemorante" che è aperto ai richiami, agli appelli dell'essere.

In alcuni dei saggi qui raccolti, H. svolge un'analisi abbastanza impietosa, ma tutto sommato appropriata, della scienza moderna, anticipando un atteggiamento che sarà proprio di due o tre decenni dopo di coscienza dei limiti epistemologici ed etici della scienza. La scienza non basta a se stessa: "La fisica in quanto fisica non può affermare nulla a proposito della fisica. Tutte le asserzioni della fisica parlano il linguaggio della fisica"(41). "Il sapere della scienza, che è obbligante nel suo ambito —cioè l'ambito degli oggetti— ha già annullato le cose molto prima che esplodesse la bomba atomica"(113). H. parla delle forme patologiche di organizzazione totale come forme di inganno per coprire un sostanziale vuoto esistenziale. Nel momento in cui il rapporto con la realtà viene visto sotto l'ottica dello sfruttamento, si apre la strada alle aberrazioni più gravi: "Al dirigismo letterario nel settore 'cultura' corrisponde, secondo una rigorosa consequenzialità logica, il dirigismo in materia di fecondazione"(62).

Dopo Nietzsche, che avrebbe smascherato la volontà di potenza —che è volontà di volontà, cioè volontà vuota— che sarebbe la caratteristica essenziale di ogni metafisica, l'epoca della metafisica si è conclusa. H. non dice se nella nuova epoca l'essere si manifesterà o se vi sarà un nuovo modo di "nascondimento". L'uomo, da parte sua, può solo porsi in atteggiamento di disponibilità e di ascolto.

Secondo H., le consuete categorie, e fra di esse il principio di causalità, valgono per gli enti, ma non per l'essere: l'essere può quindi essere colto solo in un pensare radicale, che non faccia ricorso alle categorie metafisiche. Questo pensare "rammemorante" non cerca dimostrazioni, ma cerca, nel linguaggio di un'epoca, le tracc...

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Comments: 0 | Views: 4Last Post by: gpdimonderose (24/4/2013, 15:37)
 

B_NORM  
view post Posted on 20/4/2013, 15:20 by: gpdimonderose Reply

.............................La rosa senza perchéLa portata e la gittata di una “certa” teo-logia negativa – discorsonegativo o interrogativo intorno a Dio – che in questa sede vorreiindicare, è quella che mi sembra trapelare, nel modo di un bassocontinuo di sinfonia, dalle maglie del pensiero di Derrida. Vibrazionesilenziosa, si marca forse attraverso la manovra sotterranea delladecostruzione, impegnata nel lavoro di mantenimento di un’anar-chica attività di dislocazione, di un’interruzione eccellente già dasempre in atto in ogni sistema; quella operata dalla differance-traccia– spaziatura, piega, altro, eterogeneo, terzo oltre ogni genere di es-sere – che avrebbe interdetto il procedere metafisico, come resistenzainsuperabile e irrisalibile al cuore di esso.Tale impasse inscritta in modo anarchico in ogni principio diragione, disvelata dal gesto decostruttivo emergerà nella sua istanzadi ritrazione ed auto-cancellazione come lo spazio di una faglia invi-sibile. La decostruzione, riconfigurandosi sulla soglia del solcodell’apofatica senza tuttavia ricadere in esso, potrà sollevare la que-stione di un “luogo introvabile” che ad un tempo fonda, com-prende, eccede e depone il dispositivo economico innescatodall’onto-teologia, schiudendo un “nuovo pensiero dell’evento”.Sebbene Derrida mantenga in più occorrenze una precisariluttanza all’assimilare il pensiero della differenza e della traccia allinguaggio tipico dell’assiomatica della teologia negativa tradizionale(in quanto esse sono irriducibili all’ordine dell’essente e ciò che inesse si imprime non è niente di teologico, neppure in senso nega-tivo1), d’altra parte resta evidente, all’avviso di chi scrive, quanto ladecostruzione rilegga in una “particolare esegetica” il percorso
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Page 2
PARTE SECONDA472teologico-negativo e lo conduca alle sue estreme conseguenze,avviluppandolo in una sorta di iperbolizzazione.Questo breve scritto ha l’intensione di prendere in esame come ilsingolare movimento di Derrida radicalizzi il vettore mobile, oscil-lante, e vedremo sdoppiato della decostruzione al di qua della teo-logia negativa stessa: nell’“oltre dell’oltre”. La “via negativa”, met-tendo in questione il Dio dell’onto-teo-logia e gli attributi che lodefiniscono, avrà aperto in Derrida un discorso obliquo, un “passodi sbieco” che destituirà di fondamento il Summum Ens della meta-fisica. Prendendo le mosse dalla torsione imposta alla via negativa, ladecostruzione comincia a considerare l’idea di Dio senza l’essere,impensato e inconoscibile; in questo senza si apre una “topografiadella negatività e dell’a-topia di Dio” da cui emergerà dunque un diointeso sia come l’assolutamente altro – Terzo senza-nome, Segreto,Nulla – sia come luogo-traccia insituabile ove l’avvenimento di ognialtro può e-venire, senza che nessuna previsione ne neutralizzil’...

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Comments: 0 | Views: 52Last Post by: gpdimonderose (20/4/2013, 15:20)
 

B_NORM  
view post Posted on 11/4/2013, 14:38 by: gpdimonderose Reply

....................................ontologia ontologiA ontologia ontologia eventi 'eventi'. Tuttavia, Ifone veramente voluto pronunciarsi tra una ontologia degli eventi e una delle cose usando PHYS-ci, si dovrebbe guardare alla teoria del campo, la teoria fondamentale della materia dei nostri giorni. In tale contesto, un'ontologia di oggetti non sembra irragionevole, anche se in una forma altamente rivisto: le fieldsthemselves (come il elettromagnetiche o il campo gravitazionale) potrebbero benissimo essere considerati sostanze, dal momento che sono in grado di trasportare energia e di subire cambiamenti nella loro propertiesat diverse posizioni spazio-tempo. Eventi con la quale tali modifiche possano essere identificati possono essere in-cluso nel micro-ontologia della fisica solo nella misura in cui causalità può essere identificato withthe interazioni fondamentali della teoria quantistica dei campi. Si è concluso che la fisica non può fare a usto adjudicate tra gli eventi e le cose, e che, anche se si potesse dimostrare che la relatività o grandezza fisica-ci, in generale, ha bisogno solo di una ontologia di eventi, questo non dovrebbe essere intesa nel senso che le scrivanie persone treesand non dovrebbe essere considerato come vera § 1 La relazione tra fatti concreti, le cose e gli eventi:. un hypothesisLet cominciare con un certo punto terminologica. Dato che tutto ciò che costituisce non abstractreality è nello spazio e nel tempo (spazio-tempo), io considererò ciascuno dei nostri tre nozioni ontologiche asparticulars, cioè come oggetti localizzabili o situati nello spazio e nel tempo. Numeri, classi, eventi-tipi, proprietà generali, relazioni e proposte potrebbero essere reali. Tuttavia, se sono taken2
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di esistere in un abstract, platonico mondo, allora non può esistere nello spazio-tempo, semplicemente perché theyare entità causalmente inerti. Propongo di considerare 'astratto' e 'causalmente inerte' come sinonimo o almeno come termini di co-estensionale, mentre 'concretamente reale' dovrebbe essere trattato come co-referentialwith 'causalmente attivo'. Pertanto, nel seguito, e se non diversamente specificato, io use'fact 'o' stato di cose 'per riferirsi a' fatti singolari ', cioè di elementi che possono essere identificati anche bygiving loro coordinate spazio-temporale. Ad esempio, il fatto che (1) 'AS Roma ha giocato una partita di calcio di Domenica 23.11.1997' è spazialmente trova ovunque lo Stadio Olimpico è a Roma, ed i suoi temporali estensione coincide con la durata della partita su quel particolare giorno. Ovviamente, (1) può essere considerato tobe una causa di altri fatti, per esempio, dei seguenti, altro fatto concreto (2) 'Non c'è traffico nella zona attorno allo St...

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Comments: 0 | Views: 11Last Post by: gpdimonderose (11/4/2013, 14:38)
 

B_NORM  
view post Posted on 9/4/2013, 15:10 by: gpdimonderose Reply

....................'senza senso' di oggetti, tendiamo toignore i collegamenti concettuali tra la nostra moderna visione del mondo e la crisi theenvironmental. Questo perché la visione del mondo moderno è così deeplyentrenched che passi inosservato (Heidegger 'prima legge della fenomenologia' - la 'legge di prossimità' o 'la distanza del vicino' - afferma che whatis più vicini a noi nel nostro ambiente quotidiano mondana è, come il prescriptionon gli occhiali attraverso cui vediamo, più lontane da noi, in termini di nostro abilityto curano e comprendere esplicitamente), ma anche perché modernity'sdefinitive divorzio della mente dal mondo, crea una serie di irresolvablepseudo-problemi (tra cui la maggior parte delle specie di scetticismo) che distractphilosophers, dirottando i nostri sforzi intellettuali dalla pressatura vera-worldproblems come la nostra crisi ambientale di montaggio. Eco-fenomenologi arenot suggerendo che noi abbandoniamo il pensiero astratto in nome di concreteproblem-solving, ma piuttosto che un certo tipo di pensiero astratto-athinking che ignora la fenomenologia e così non è sufficientemente attento tothe conseguenze reali delle sue direttrici metafisiche presupposti, è in ultima analisi responsabile di alcuni dei nostri più pressanti environmentalproblems.The critica fenomenologica della modernità appena abbozzato (molto tooquickly) rimane controverso, naturalmente, ma l'eco-fenomenologia è notprimarily un movimento critico, il contenuto di scoprire le radici concettuali ambientali di deva-zione, la sua più importante, obiettivo positivo è quello di minare e sostituire loro. In effetti, questa critica della modernità serve principalmente a progetto positivo di guida motivateand eco-fenomenologia, la sua elaborazione del what382 Iain Thomson
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potremmo chiamare (ripristino significato al termine), un 'post-moderno' relationshipto l'ambiente. In tale ottica, i redattori di Eco-Fenomenologia mantengono that'phenomenology, come un metodo contemporaneo in filosofia, è particularlywell adatto a lavorare con alcuni dei dilemmi che hanno facedenvironmental studiosi di etica e filosofi della natura '(p. xi), perché' è setapart da altri metodi teorici per la sua capacità unica di portare toexpression, piuttosto che tacere, il nostro rapporto con la natura e il valore experienceof radicata in questa relazione '(p. XII). Qui gli editori fanno due linkedclaims: primo, che un approccio fenomenologico al lavoro philosophycan ambientale attraverso dilemmi di lunga data nel campo, e secondo, thatphenomenology ci permette di lavorare attraverso questi problemsbecause ambientale della sua capacità di permettere i valori insiti nella natura di parlare . Ora, entrambe le richieste sembrare plausibile se c...

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Comments: 0 | Views: 21Last Post by: gpdimonderose (9/4/2013, 15:10)
 

B_NORM  
view post Posted on 9/4/2013, 14:38 by: gpdimonderose Reply

.......................

Ulteriore riflessione sulla Teoria delle catastrofi


1.

Le ipotesi che si formulano nel corso di una ricerca sono spesso dovute a diversi flussi di intuizioni e di pensieri, in parte coscienti, in parte inconsci, che ad un certo punto, convergono e si condensano in una formulazione concettuale sufficientemente delineata.

Nella mia esperienza di psicopatologo teorico una sola volta la condensazione è sopravvenuta per effetto di un’immagine.

Tale circostanza si è realizzata verso la metà degli anni ‘80 allorché la teoria dei bisogni intrinseci prese corpo fino al punto di configurarsi come una chiave esplicativa di tutti i vissuti, i sintomi e i comportamenti psicopatologici. Fu per associazione inconscia, allora, che fui spinto a riprendere in mano due libri già letti nei quali si esponeva in forma divulgativa la Teoria delle Catastrofi (TC), messa a fuoco da Renée Thom.

Il primo libro, che ho smarrito, era il numero di una Rivista di psichiatria francese dedicato a Henry Ey, morto nel 1977. In essa un articolo era dedicato alle possibili applicazioni della TC in ambito psichiatrico, e veniva utilizzato uno dei modelli formulati da Thom, quello della cuspide. Al di là di spunti suggestivi, l’articolo era complessivamente mediocre.

Nello stesso anno, era uscito il secondo volume dell’Enciclopedia Einaudi nel quale, a nome di Krzysztof Pomian, veniva analizzata la voce Catastrofi, che invece, pur nella estrema sintesi, era particolarmente interessante. Lo riporto integralmente (pp. 789-803):

“Catastrofi
Fino a poco tempo fa, gli uomini di scienza hanno ammesso, quasi fosse una verità assiomatica, che le cause le cui azioni variano in modo continuo possono provocare unicamente variazioni continue degli effetti. Certo, sin dalla seconda metà del xix secolo si conoscevano eccezioni a questa regola, ma erano considerate marginali.

Raramente esplicitato, l'assioma in questione, che si può definire come assioma di conservazione della continuità, era preso in considerazione soprattutto da parte di coloro che ne vedevano le difficoltà o lo contestavano per ragioni d'ordine filosofico.

I primi sono ben rappresentati da Georges Cuvier: tutta una serie di osservazioni lo portò a concludere che la crosta terrestre aveva subito nel passato trasformazioni molto profonde, cui si accompagnava, ogni volta, la scomparsa di specie viventi. Queste « rivoluzioni della superficie del globo» avevano, secondo Cuvier, un carattere violento e improvviso; erano rotture di continuità, catastrofi (la parola stessa appare a più riprese nella sua opera). Quali potevano esserne le cause? Cuvier esaminò successivamente quattro fattori che alterano attualmente la superficie dei continenti - le piogge ed i disgeli, le acque correnti, il mare, i vulcani - e mostrò che essi non bastano a provocare gli ...

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