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Ulteriore riflessione sulla Teoria delle catastrofi
1.
Le ipotesi che si formulano nel corso di una ricerca sono spesso dovute a diversi flussi di intuizioni e di pensieri, in parte coscienti, in parte inconsci, che ad un certo punto, convergono e si condensano in una formulazione concettuale sufficientemente delineata.
Nella mia esperienza di psicopatologo teorico una sola volta la condensazione è sopravvenuta per effetto di un’immagine.
Tale circostanza si è realizzata verso la metà degli anni ‘80 allorché la teoria dei bisogni intrinseci prese corpo fino al punto di configurarsi come una chiave esplicativa di tutti i vissuti, i sintomi e i comportamenti psicopatologici. Fu per associazione inconscia, allora, che fui spinto a riprendere in mano due libri già letti nei quali si esponeva in forma divulgativa la Teoria delle Catastrofi (TC), messa a fuoco da Renée Thom.
Il primo libro, che ho smarrito, era il numero di una Rivista di psichiatria francese dedicato a Henry Ey, morto nel 1977. In essa un articolo era dedicato alle possibili applicazioni della TC in ambito psichiatrico, e veniva utilizzato uno dei modelli formulati da Thom, quello della cuspide. Al di là di spunti suggestivi, l’articolo era complessivamente mediocre.
Nello stesso anno, era uscito il secondo volume dell’Enciclopedia Einaudi nel quale, a nome di Krzysztof Pomian, veniva analizzata la voce Catastrofi, che invece, pur nella estrema sintesi, era particolarmente interessante. Lo riporto integralmente (pp. 789-803):
“Catastrofi Fino a poco tempo fa, gli uomini di scienza hanno ammesso, quasi fosse una verità assiomatica, che le cause le cui azioni variano in modo continuo possono provocare unicamente variazioni continue degli effetti. Certo, sin dalla seconda metà del xix secolo si conoscevano eccezioni a questa regola, ma erano considerate marginali.
Raramente esplicitato, l'assioma in questione, che si può definire come assioma di conservazione della continuità, era preso in considerazione soprattutto da parte di coloro che ne vedevano le difficoltà o lo contestavano per ragioni d'ordine filosofico.
I primi sono ben rappresentati da Georges Cuvier: tutta una serie di osservazioni lo portò a concludere che la crosta terrestre aveva subito nel passato trasformazioni molto profonde, cui si accompagnava, ogni volta, la scomparsa di specie viventi. Queste « rivoluzioni della superficie del globo» avevano, secondo Cuvier, un carattere violento e improvviso; erano rotture di continuità, catastrofi (la parola stessa appare a più riprese nella sua opera). Quali potevano esserne le cause? Cuvier esaminò successivamente quattro fattori che alterano attualmente la superficie dei continenti - le piogge ed i disgeli, le acque correnti, il mare, i vulcani - e mostrò che essi non bastano a provocare gli ...Read the whole post...
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